Brex: dal Brasile a Stanford, la startup fintech delle carte aziendali valutata 3 miliardi

Fondata da due brasiliani che hanno frequentato la prestigiosa università californiana, Brex fornisce ai clienti carte di credito studiate appositamente per startup o nuove attività commerciali. I datori di lavoro possono offrire a ogni dipendente una carta privata, ma con limiti di spesa, e un programma di reward

di Laura Loguercio

 

Autunno 2016: due ragazzi brasiliani appena usciti dal liceo fanno il loro ingresso nella prestigiosa università di Stanford, in California, nel cuore della Silicon Valley. Ne usciranno pochi mesi dopo, senza aver concluso gli studi ma con in mano una startup fintech attualmente valutata 3 miliardi di dollariBrex.

Pagar.me: la prima startup fintech dei founder di Brex

Henrique Dubugras e Pedro Franceschi, originari rispettivamente di São Paulo e Rio de Janeiro, si sono incontrati a 16 anni. Entrambi appassionati di coding e tecnologia, sognavano di creare qualcosa di grande in un settore in continua trasformazione.

La prima impresa di successo di Dubugras e Franceschi – lanciata nel 2013, ancora prima di cominciare l’università – è stata Pagar.me, definita la “Stripe brasiliana”.

La startup è presto diventata uno dei principali metodi di gestione per i pagamenti online nel Paese sudamericano, ha raccolto investimenti per $30 milioni e processato transazioni per $1,5 miliardi fino a quando, nel 2016, i due ragazzi hanno deciso di vendere la compagnia e trasferirsi in California.

Come funziona Brex

Brex è nata pochi mesi dopo, grazie anche al supporto dell’incubatore Y Combinator. Il suo punto di forza è la possibilità di fornire ai clienti carte di credito aziendali studiate appositamente per startup o nuove attività commerciali, in modo rapido e completamente digitalizzato.

Le carte hanno limiti da 10 a 20 volte più alti rispetto ai provider tradizionali, e non richiedono alcuna garanzia personale. Sul sito di Brex è possibile aprire un nuovo account per la propria azienda in appena 10 minuti, ottenendo così immediatamente il numero del nuovo conto, i codici bancari necessari per effettuare transazioni (routing number) e una o più carte di credito aziendali.

A differenza di una normale carta di debito, con Brex i datori di lavoro possono infatti offrire a ogni dipendente una carta privata, impostando però limiti di spesa fissi e controllando l’accesso alle finanze dell’azienda.

Inoltre, una suite di programmi permette di avere sempre a portata di click tutte le spese effettuate dai dipendenti, divise in base a parametri come tipologia, data o importo. L’intelligenza artificiale di Brex è anche in grado di leggere istantaneamente foto o scannerizzazioni di scontrini: un dipendente deve soltanto caricare il file sulla piattaforma o inviarlo via sms, e il sistema inserirà automaticamente la spesa nel database.

Sfruttando i circuiti Visa e Mastercard, le carte di Brex sono utilizzabili in più di 200 Paesi. Il servizio, però, è attualmente disponibile solo per aziende americane.

Tra le altre cose, le carte offerta da Brex danno la possibilità di accumulare punti in diversi ambiti e avere accesso a premi quali tariffe scontate per viaggi, hotel, spostamenti in taxi, software o altri prodotti tecnologici. 

Generalmente, i clienti guadagnano 1 punto per ogni dollaro speso utilizzando le carte Brex, ma le aziende che decidono di rendere Brex l’unico fornitore di carte aziendali hanno accesso a ulteriori agevolazioni.

Durante la pandemia, la startup ha adattato il proprio programma di rewards alle nuove necessità degli utenti, moltiplicando i punti per i dollari spesi nel food delivery o nelle app che favoriscono il lavoro da remoto come Zoom o Slack.

 Tre anni di crescita

Dalla sua fondazione nell’aprile 2017, Brex è cresciuta rapidamente ed è riuscita a imporsi sul mercato fintech americano, raggiungendo a novembre 2020 una valutazione di $3 miliardi.

Secondo Crunchbase, la startup ha attualmente raccolto più di $700 milioni in 10 round di investimenti, l’ultimo dei quali, di Serie C, conclusosi a maggio 2020 per $150 milioni. Tra i principali sostenitori troviamo Combinator Y, l’incubatore che ha sostenuto il progetto fin dal principio, Credit Suisse, DST Global o Kleiner Perkins. Su Brex ha anche investito G Squared,  gestore di fondi di venture capital statunitense focalizzato sulle società con opportunità di crescita nel settore tecnologico globale.

Lo scorso marzo, poi, Brex ha acquisito tre compagnie tech: Neji, Compose Labs e Landria, attive in diversi ambiti tra cui sistemi cloud, data engineering e Software as a Service (SaaS).

La pandemia di Covid-19 ha di certo avuto un impatto sulle attività di Brex che, offrendo carte aziendali, ha sofferto a causa dei numerosi licenziamenti a cui molte compagnie sono state costrette. Brex ha spostato tutte le proprie attività online, tanto che i due co-founder Franceschi e Dubugras hanno lasciato San Francisco, dove ha sede l’azienda, per trasferirsi a Los Angeles.

“Verso marzo e aprile abbiamo visto un calo nei nostri volumi, anche perché tutto il mondo T&E [Travel and Expenses] era fermo. Verso giugno, però, le spese medie dei nostri clienti hanno cominciato a risalire” ha detto Dubugras durante un’intervista con Yahoo Finance. “Era piuttosto strano, perché le persone uscivano ancora raramente, ma hanno ripreso a investire in campo software, SaaS, server o advertising” ha aggiunto.

Dubugras ha grandi speranze per l’anno appena cominciato: “Il peggio è passato, e siamo in una fase di recupero […] Credo personalmente che il 2021 sarà un anno molto importante per il settore tech”.

 

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