Biocarburanti, cosa c’è dietro il record di produzione del Brasile

Il Sud America è il secondo più grande produttore di biocarburanti. Brasile e Argentina ne hanno prodotto oltre il 40% nel 2015. Inoltre, la grande quantità di terra arabile disponibile in Brasile ed il sostegno del governo rendono il Paese il secondo produttore di biodiesel. L’analisi di Giancarlo Elia Valori

Il biocarburante si riferisce al combustibile solido, liquido o gassoso composto o estratto dalla biomassa, che può sostituire la benzina e il diesel a base di petrolio. La cosiddetta biomassa si riferisce a vari organismi prodotti attraverso la fotosintesi utilizzando l’atmosfera, l’acqua, la terra, ecc.: ossia tutte le sostanze organiche viventi che possono crescere. Comprende piante, animali e microrganismi. A differenza dei combustibili tradizionali come petrolio, carbone ed energia nucleare, questi sono combustibili rinnovabili.

 

Poiché il cambiamento climatico è riconosciuto come una realtà e il suo impatto ha mostrato evidenti danni all’ambiente, i Paesi si stanno rendendo conto della necessità di adottare misure rapide, radicali e innovative per rallentarne il ritmo.  Una di queste misure è che i governi promuovano il passaggio dalle fonti energetiche tradizionali a fonti alternative come la bioenergia. I biocarburanti provengono da residui naturali, che emettono molto meno inquinamento dei combustibili fossili, e questi ultimi a loro volta consumano risorse. I biocarburanti possono essere suddivisi in bioetanolo e biodiesel.

Il bioetanolo è un combustibile estratto da mais, amido, sorgo, patate, frumento, canna da zucchero e scarti vegetali. Il biodiesel è una miscela di petrolio vegetale e animale e diesel di petrolio. Il biodiesel, invece, può migliorare la lubrificazione del carburante e prevenire l’usura prematura delle parti in movimento. In una perdita di petrolio-diesel, il biodiesel a confronto è molto meno dannoso per l’ambiente.

Per la crescente domanda di bioetanolo come carburante per veicoli, tale segmento occupa un’importante quota di mercato, perché le sue caratteristiche di protezione ambientale possono ridurre le emissioni di gas a effetto serra, il che dovrebbe promuovere lo sviluppo del settore. Da una prospettiva globale, si considerano i dati di mercato per prevedere e presentare previsioni per il 2019-2025. A livello regionale, vanno posti in conto i mercati nelle zone chiave, vale a dire Nord America, Europa, Cina, Giappone, Sud-Est asiatico e India.

Geograficamente, il Nord America ha la quota più alta del mercato globale dei biocarburanti a causa delle politiche di sostegno del governo, quali i molti incentivi fiscali forniti dal governo. Gli Usa sono i leader mondiali nel biodiesel, grazie a forti politiche, direttive e incentivi per incoraggiare la produzione, il consumo e la ricerca di nuove tecnologie per i combustibili alternativi. Il Sud America è il secondo più grande produttore di biocarburanti. Brasile e Argentina hanno prodotto oltre il 40% dei biocarburanti nel 2015. Inoltre, la grande quantità di terra arabile disponibile in Brasile ed il sostegno del governo rendono il Paese il secondo produttore di biodiesel.

Recentemente, il governo degli Usa ha imposto dazi ad un’elevata importazione, ha sostenuto il dumping o la concorrenza sleale con i produttori locali di soia e in realtà ha vietato l’importazione di biodiesel argentino a base di soia. Tuttavia, gli eurobond, generalmente ritenuti forti, dovrebbero aumentare la crescita nel mercato argentino. A questo proposito va detto che dall’inizio del 2020, il mondo sta subendo la peggiore crisi di salute pubblica in quasi un secolo. Al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia, i Paesi sono entrati in uno stato di blocco, l’economia globale è sostanzialmente stagnante e la domanda dell’industria petrolifera è stata duramente colpita. Di fronte alle difficoltà, il governo del succitato Brasile considera i biocarburanti un’area di sviluppo prioritaria per l’innovazione tecnologica, un’importante via d’uscita dalle difficoltà economiche.

Prima degli anni Settanta, il Brasile si basava fondamentalmente sulle importazioni a causa delle insufficienti riserve di petrolio greggio. Nel 1973 scoppiò nel mondo la prima crisi petrolifera. L’impennata del prezzo del greggio infierì un duro colpo all’economia brasiliana, che richiedeva l’importazione di più della metà del greggio. Pertanto, il governo brasiliano fu determinato a sfruttare le ricche risorse terrestri del Paese e le condizioni agro-climatiche favorevoli per estrarre il carburante etanolo da canna da zucchero, manioca e altre colture e sviluppare tecnologie di biocarburanti rappresentate da etanolo e biodiesel in conformità con le condizioni locali.

Nel 1975, il Brasile annunciò l’attuazione del Piano nazionale per l’etanolo, incoraggiando l’uso della canna da zucchero per produrre etanolo in sostituzione del petrolio, varando il preludio allo sviluppo dei biocarburanti. Il governo federale incoraggiò i cittadini e investitori a utilizzare il carburante a base di etanolo attraverso sussidi, quote, acquisto monopolistico di carburante a base di etanolo, adeguamenti dei prezzi e interventi amministrativi. L’União da Indústria de Cana-de-Açúcar stima che durante i quarant’anni dal 1975 al 2015, l’etanolo brasiliano ha prodotto circa 2,5 miliardi di barili di benzina, riducendo con successo la sua dipendenza dalle importazioni di petrolio.

Il Brasile ha fatto sempre riferimento all’etanolo tradizionale prodotto dalla fermentazione della canna da zucchero come etanolo di prima generazione. Al giorno d’oggi in Brasile, la tecnologia di produzione di etanolo di prima generazione è molto matura e, grazie all’uso di un enzima speciale, il costo è di un terzo inferiore a quello degli Usa per estrarre l’etanolo dal grano. Negli ultimi anni, il governo brasiliano ha iniziato a incoraggiare lo sviluppo dell’etanolo anche dal mais. La materia prima del biodiesel del Brasile utilizza principalmente semi di ricino. Tuttavia, il clima secco nel nord-est limita l’aumento della produzione di olio di ricino. Da allora, il Brasile ha utilizzato l’olio di soia come principale materia prima per il biodiesel. Attualmente, il 71% delle materie prime del biodiesel brasiliano proviene dall’olio di soia, il 12% dal grasso di manzo e il resto da grassi animali come maiali e polli o oli vegetali come olio di semi di cotone e olio di palma.

Sebbene il Brasile sia diventato il secondo produttore mondiale di biocarburanti, l’attuale struttura del consumo energetico dei trasporti brasiliani è ancora dominata dai combustibili fossili. Nella struttura energetica del settore dei trasporti nel 2018, la benzina rappresentava il 30%, il diesel ordinario il 45%, l’etanolo il 15%, il biodiesel solo il 2,4% e il resto erano gas naturale e cherosene.

Nel dicembre 2016, i tre ministeri brasiliani di: Miniere e dell’Energia, Ambiente e Agricoltura hanno formulato congiuntamente la bozza del piano nazionale di sviluppo dei biocarburanti per regolamentare e incoraggiare la produzione e l’applicazione di biocarburanti domestici. Il 26 dicembre 2017 l’allora presidente Michel Temer approvò ufficialmente il piano nazionale di sviluppo dei biocarburanti. Il piano è un documento legale strategico formulato dal governo e sottolinea l’importante ruolo dei biocarburanti nel garantire la sicurezza energetica nazionale e promuovere lo sviluppo economico.

Il piano afferma chiaramente che entro il 2030 la percentuale di energie rinnovabili nella struttura energetica nazionale sarà aumentata al 45%, di cui i biocarburanti rappresenteranno il 18%. Si prevede che entro il 2030 un terzo delle città del Paese investirà nello sviluppo di biocarburanti, che possono fornire circa 150 miliardi di reais (circa 28,3 miliardi di dollari) a favore dell’economia nazionale e creare circa un milione di posti di lavoro. Secondo le statistiche del ministero dell’Agricoltura, la superficie coltivata in Brasile è di circa 64 milioni di ettari, rappresentando solo il 7,6% della superficie del Paese, compresi 33,9 milioni di ettari di soia e nove milioni di ettari di canna da zucchero.

Per espandere la produzione di canna da zucchero e semi di soia, il Brasile dispone di risorse di terra sufficienti: i biocarburanti non entreranno in conflitto con la produzione alimentare e c’è un enorme spazio per lo sviluppo di ulteriori soluzioni omologhe.

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